Rileggo sempre ciò che scrivo.
E lo faccio più e più volte.
Perché dentro ci sono io.
Ho bisogno di leggere ciò che una parte di me ha scritto.
E’ come se mi osservassi da lontano.
Io che da lontano non ci vedo.
Eppure è un lontano che mi avvicina al “core”, al nucleo – direbbero gli inglesi.
“Allu core”, al cuore, direbbero i salentini.
Io sono lì, in mezzo ad un’accozzaglia di parole senza senso, forse.
Di certo sono parole che scrivo con il con-senso di una parte di me.
Quella che grida, sottovoce.
Quella che vorrebbe graffiare, senza unghie.
Quella che vorrebbe tutto, ma non vede niente.
E poi penso anche a questo giorno senza scrivere.
E allo scrivere, ora, per la necessità di esprimere.
E capisco che scrivere è frutto di emozioni forti.
Desiderio.
Rabbia.
Paturnie.
Amore.
Cose che parlano di me.
Cose che parlano per me.
Vabbè.