L’amore è un jeans

 

I jeans.
Sono lì, in vetrina.
Ti guardano.
Ti guardi e pensi: sono perfetti per me!
Li compri.
Mai della taglia giusta, ma ti convinci che
“tanto poi cedono” e quella che cede sei tu.
Arrivi a casa.
Vuoi metterli.
Stretti da morire (tanto poi cedono, ti ripeti come un mantra, mantra li indossi)
Ecco! Bellissimi!
Esci a farci un giro.
Domani li rimetti, sono troppo belli!
Ma anche dopodomani.
E al quarto gior… no.
Hanno ceduto troppo (te l’avevo detto, no? Tanto poi cedono).
Ma così è davvero troppo.
Non ti piacciono proprio.
Non sono più quelli belli in vetrina.
Quelli che hai comprato tuttacontenta.
No.
Non più.

Ecco.
L’amore è un jeans.

TelefonHate

 

Odio il telefono
Quello moderno
Quello con il display che ti dice chi è
Prima ancora di aver risposto
Non come quello fisso
Di una volta
Quello che c’era solo a casa
E che esisteva solo se a casa c’eri pure tu
Era discreto, sì
Non un pettegolo – come quello moderno
Smart, lo chiamano
Intelligente? Figo?
Mah.
Io lo odio
Ché a me fa venire l’ansia solo a guardarlo.
Non puoi non vedere chi ti chiama
E magari in quel momento non hai voglia di parlare
Anche solo di rispondere
A quel numero
A quel nome
A quel volto
Che, display o no, hai già messo a fuoco
E non puoi nemmeno dire
“Non ero in casa”
Perché ti dirà
“Ti ho cercato. Non hai visto la chiamata persa?”
E quella persa sono io,
Che non ho voglia di rispondere.
Ma non ho scampo.
Specie quando ho campo.

Odio le file

Mi sono alzata presto stamattina, per dare uno sguardo a questo nuovo anno. 
Sì, un po’ lo avevo visto ieri sera, allo scoccare della mezzanotte, ma c’era un tale frastuono di botti e risposte che non c’avevo capito poi molto. Allora avevo chiuso la finestra con la tacita promessa di alzarmi presto e guardare questo 2015 senza distrazioni di sorta.

E invece niente.
C’era già la fila, stamattina.
E io ODIO le file.
Ho provato a capire se ci fosse anche solo una remota possibilità di vedere la fine, di quella fila, ma non c’era, no. 
C’era, invece, un sacco di gente che parlava e parlava e parlava, fastidiosa quasi più dei botti di poche ore prima. E diceva che sì, sarà un anno fantastico, vedrai, ma no, è già iniziato da schifo, così come è finito, e chissà se troverò lavoro, dai, pensa alla salute e auguri per un anno sereno, anche a te e famiglia, e blablabla.
Ma io non avevo in mente tutto questo.


Meglio sarebbe stato, allora, restarsene a letto, mi sono detta.

 Avrei potuto provare ad immaginare, magari sognare, un anno diverso, più allegro, colorato, come un cartone animato da buoni propositi.


Invece testona che sono!

Dovevo alzarmi presto, io.


Dovevo guardare con gli occhi veri e non con quelli della mente, io.
Dovevo osservare, analizzare, sperimentare e poi trarre le mie conclusioni su questo nuovo inizio, io.
Eh.
Ma c’era già la fila.
E io ODIO le file.
“Serviamo il numero…”
No, aspetta, forse tocca a me.
Sì, ecco. Tocca a me dire.
Dunque… ecco… no, dico…
Lo sapevo.
Non so più cosa dire.
Non sono ancora pronta.
E’ troppo presto.
Non me la sento di sputare sentenze su ciò che non conosco.
Ed io questo 2015 non lo conosco ancora.
E neanche voi altri lo conoscete ancora.
Allora disperdiamoci, su.
Lasciamo perdere la fila.
Lasciamo perdere questo insensato blablabla che non porta a niente.
Facciamo entrare questo povero anno appena arrivato e vediamo cosa fa.
Intanto io prendo il numerino, per il 31 dicembre.
Così sarò la prima a parlare dell’anno appena passato.
Sarò la prima della fila.
(perché io ODIO le file – l’ho già detto?)