Disegnando ad occhi aperti

Disegnare
è un sogno
da sempre
per me che non so tenere in mano una matita
o, forse, è la matita che snobba la mia mano.
Dammi una mano, tu, disegnatore dei miei pensieri
e dei miei stivali
come il gatto che sa sempre cosa fare
e dove andare
in giro per i tetti altrui
tanto chi vuoi che se ne accorga?
Solo la luna
Ah, sì.
Lei vede tutto
e tutti
anche noi
noi chi?
Noi due
e tre
e quattro
e cinque
e basta
siamo troppi
come questi pensieri
che non hanno capo né coda
perché non hanno corpo
di mille balene
su spiagge affollate di venditori ambulanti
e senza più conchiglie
da portare all’orecchio di un bambino
che vuole sentire il mare
il mare di vivere qui
lontano da occhi indiscreti
e da cuori impiccioni
e da matite snob che non vogliono darmi un segno.
Allora niente
meglio tenersi fogli bianchi
come lenzuola
su un letto sfatto
apposta per me
[per me che sono la sua mat(i)ta]

Ancora cinque minuti…

poi ti svegli almeno credi ché tutta questa voglia di tenere gli occhi aperti proprio non ce l’hai ché a dirla tutta e a dirla soprattutto a te stessa vorresti continuare a dormire per continuare sì quel sogno quello bello quello in cui ti sei sentita a tuo agio e da cui non vorresti mai uscire perché dentro ci puoi fare tutto senza chiedere il permesso e senza paletti né punti né virgole e puoi volare via o tornare e cantare e vivere e semplicemente amare ché l’amore in fondo è una cosa semplice come respirare come sognare come non è lì dove vivi ad occhi aperti dove ti aspettano ad occhi aperti dove devi tenere sempre gli occhi aperti e no forse no questa mattina proprio no ancora cinque minuti che per il tuo sogno sono tutta una vita
la tua

Sbagliando si muore

“Oggi mi sento particolarmente ispirata.” disse la poveretta prima di spirare.

Eh, aveva da sempre un sogno, lei.
Studiare.
Sì.
Quella cosa che si fa sui libri, a scuola.
E invece niente.
I suoi le volevano un gran bene e per questo avevano tentato in tutti i modi di tenerla lontana dalle “insidie della vita”.
Prima fra tutte la cultura.
Era una parola, quella, che nascondeva troppi metasignificati.
“Cul” e “tura”.
Mh.
“Molto meglio darsi alla coltura, degli ortaggi”, pensavano.
La loro figlia doveva essere, sì, una cima.
Una cima di rapa, per la precisione.
E c’erano riusciti benissimo.

La poveretta morì così, con tutta l’ignoranza a carico.
Senza capire la differenza tra l’essere ispirati e l’essere spirati.