Chiuso per volo. Torno subito.

Quasi quasi scrivo qualcosa.
Così.
Mentre sto facendo altro.
Come a dimostrare, a me stessa, che posso scrivere quando più ne ho voglia.
Anche quando non posso.
È il mio modo di dirmi che non sono in gabbia.
O, meglio, che della mia gabbia ho le chiavi.
E se ogni tanto mi vien voglia di volare lo posso fare.
Basta aprire.
Basta aprirsi.
E tutto verrà da sé.
Anche le ali.
Quelle che non vedo quando sono in gabbia.
Spazio troppo stretto per riuscire a guardarsi le spalle.
Eppure le sento prudere.
Le mie ali prudenti.
Che sanno bene quando bussarmi alle spalle ed invitarmi a volare.
Come ora.
Qui.
Ecco.
Bene così.
Ho volato abbastanza.
(((torno in gabbia)))

Sono fuori? Controllo.

Sono fuori di me.
Ogni tanto ne sento il bisogno.
Di uscire.
Di uscirmi (ma sì, lasciatemi dire così).
Vado a fare un giro, mi son detta.
Alla larga.
Da tutto.
E da Titti.
Giusto per vedere che effetto fa.
Guardarsi dal di fuori.
Vedere come mi vedono gli altri.
E’ divertente.
E’ la mia vita, quella laggiù.
Guarda un po’ che tipa strana che sono.
E che tipe strane che ci sono tutte dentro la stessa me.
Ora allegra.
Un minuto dopo tristissima.
E poi serena.
Rassegnata, forse.
Ma viva, ancora viva, malgrado tutto.
Malgrado tutti quelli che la vorrebbero diversa.
O che la vorrebbero, magari, sempre e solo felice.
Eh.
Provo ad avvicinarmi, ma ho paura di essere riconosciuta.
Forse è solo paura di riconoscermi, in lei.
Allora faccio le presentazioni:
“Ciao, sono Titti, ci conosciamo?”
“Sì, proviamo a conoscerci.
Entra dentro. E prendiamo un po’ di te.
E di me.”